Ricorso  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   (c.f.
80188230587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale
dello   Stato   (c.f.   80224030587   -   fax:   06-96514000,    PEC:
ags.rm@mailcert.  avvocaturastato.it)  presso   i   cui   uffici   e'
domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 ricorrente; 
    Contro Regione Piemonte, in  persona  del  legale  rappresentante
p.t. resistente per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale
degli articoli 4, 16, 18, 21, 27, 31, 33, 34, 35  e  61  della  legge
Regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, pubblicata nel BUR n.  13
del 28 marzo 2013, recante «Modiche alla legge regionale  5  dicembre
1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo) ed altre disposizioni regionali
in materia di urbanistica ed edilizia». 
1. Illegittimita' costituzionale degli  artt.  4  e  16  della  legge
regionale del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s)  della  Costituzione.  L'art.  4,  che
sostituisce l'art. 3, comma 1, lettera c) della  legge  regionale  n.
56/1977, introducendo in ambito sub-regionale o sub-provinciale degli
strumenti di pianificazione paesaggistica atipici rispetto  a  quelli
previsti  dal  decreto  legislativo  n.  42/2004,  quali  i  progetti
territoriali operativi, che  considerano  particolari  ambiti  aventi
specifico interesse economico, ambientale o naturalistico e i piani e
gli strumenti di approfondimento della pianificazione territoriale  e
paesaggistica, che considerano particolari ambiti territoriali aventi
preminenti  caratteristiche  di   rilevante   valore   ambientale   e
paesaggistico, e l'art. 16, che sostituisce l'art. 8-quinquies, commi
5  e  7,  della  legge  regionale  n.   56/1977,   disciplinando   il
procedimento di formazione dei suddetti strumenti di  pianificazione,
contrastano con l'art. 145,  comma  5,  del  decreto  legislativo  n.
42/2004. 
    Secondo   quest'ultima   disposizione,   infatti,   «La   regione
disciplina il procedimento  di  conformazione  ed  adeguamento  degli
strumenti   urbanistici   alle   previsioni   della    pianificazione
paesaggistica,   assicurando   la   partecipazione    degli    organi
ministeriali al procedimento medesimo». 
    Le norme regionali censurate, non  prevedendo  un  coinvolgimento
del Ministero per i beni e le attivita'  culturali  nel  processo  di
adeguamento dei citati strumenti di  pianificazione  sub-regionale  o
sub-provinciale al piano paesaggistico regionale, contrastano con  il
disposto  dell'art.  145,  comma  5,  che  costituisce  un  principio
fondamentale espressione della  potesta'  legislativa  statale  nella
materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni  culturali»
e, conseguentemente, violano l'art. 117, comma 2, lettera  s),  della
Costituzione. 
2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 18 della  legge  regionale
del Piemonte 25 marzo 2013,  n.  3,  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art.  18  sostituisce
l'art. 9,  comma  4,  della  legge  n.  56/1977,  prevedendo  che  «I
provvedimenti cautelari di inibizione e sospensione  hanno  efficacia
sino alla conclusione dell'istruttoria per l'inclusione del bene, ove
occorra, negli elenchi previsti dal decreto legislativo n. 42/2004  o
per l'eventuale introduzione di prescrizioni nei piani  territoriali,
nel  PPR  o  nel   piano   territoriale   regionale   con   specifica
considerazione dei valori  paesaggistici,  nei  piani  regionali  dei
parchi e delle riserve naturali, nei  PRG,  recanti  i  provvedimenti
definitivi per la tutela del bene; tali provvedimenti perdono in ogni
caso efficacia decorso  il  termine  di  novanta  giorni  dalla  loro
adozione», e pertanto contrasta con l'art. 150, comma 2, del  decreto
legislativo n. 42/2004, secondo cui «L'inibizione o  sospensione  dei
lavori disposta ai sensi del comma 1  cessa  di  avere  efficacia  se
entro il termine di  novanta  giorni  non  sia  stata  effettuata  la
pubblicazione all'albo pretorio della proposta  di  dichiarazione  di
notevole interesse pubblico di  cui  all'art.  138  o  all'art.  141,
ovvero non sia stata  ricevuta  dagli  interessati  la  comunicazione
prevista dall'art. 139, comma 3». 
    La disposizione  regionale  censurata,  fissando  il  termine  di
decadenza dei provvedimenti cautelari in maniera difforme rispetto  a
quanto previsto dall'art. 150 del  decreto  legislativo  n.  42/2004,
contrasta con un principio fondamentale  espressione  della  potesta'
legislativa   statale   nella    materia    «tutela    dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei  beni  culturali»  e,  conseguentemente,  viola
l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 della  legge  regionale
del Piemonte 25 marzo 2013,  n.  3,  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s) della Costituzione. 
    L'art. 21, che sostituisce l'art. 10  della  legge  regionale  n.
56/1977, prevede, al comma  4,  che  non  costituiscono  variante  le
modifiche  agli  strumenti   urbanistici   che   «correggono   errori
materiali, che eliminano  contrasti  fra  enunciazioni  dello  stesso
strumento quando sia evidente e univoco il rimedio o  che  consistono
in correzioni o adeguamenti di elaborati del piano tesi ad assicurare
chiarezza  e   univocita'   senza   incidere   sulle   scelte   della
pianificazione o in meri aggiornamenti  cartografici  in  materia  di
difesa  del  suolo   derivanti   dall'adeguamento   degli   strumenti
urbanistici» ne'  «le  modifiche  al  PPR  o  al  piano  territoriale
regionale  con  specifica  considerazione  dei  valori  paesaggistici
riguardanti  specificazioni,  aggiornamenti   o   adeguamenti   degli
elementi conoscitivi o specificazioni della delimitazione delle  aree
soggette a tutela paesaggistica, anche in conseguenza di  adeguamenti
effettuati ad opera degli strumenti di pianificazione». 
    La disposizione si pone in contrasto con l'art. 145, comma 5, del
decreto  legislativo   n.   42/2004,   espressione   della   potesta'
legislativa   esclusiva   dello   Stato   nella    materia    «tutela
dell'ambiente,   dell'ecosistema   e   dei   beni    culturali»    e,
conseguentemente, viola l'art. 117, secondo comma, lettera  s)  della
Costituzione. 
    Il  comma  4  dell'art.  10,  infatti,  nello  stabilire  che  le
modifiche  suddette,  le  quali   unilateralmente   si   assume   non
costituiscono varianti, «sono approvate con deliberazione dell'organo
di  governo  dell'ente  interessato,  soggetta  a  pubblicazione  per
estratto  sul  bollettino  ufficiale  della  Regione  ed  in  formato
integrale sul sito informatico  dell'ente  proponente»,  non  prevede
l'obbligo di co-pianificazione con il  Ministero  per  i  beni  e  le
attivita'  culturali  relativamente  agli   adeguamenti   dei   piani
sott'ordinati, in violazione del disposto  dell'art.  145,  comma  5,
decreto  legislativo  n.   42/2004,   che   prevede   il   necessario
coinvolgimento della suddetta amministrazione statale. 
4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 27 della  legge  regionale
del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, terzo
comma, della Costituzione. 
    L'art. 27 modifica la lettera d) del comma 3 dell'art.  13  della
legge  regionale  n.  56/1977,  prevedendo  che  «nell'ambito   degli
interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche  quelli
consistenti  nella  demolizione  e  ricostruzione   con   la   stessa
volumetria e  sagoma,  fatte  salve  le  innovazioni  necessarie  per
l'adeguamento alle normative antisismica, di contenimento dei consumi
energetici e di produzione di energia mediante  il  ricorso  a  fonti
rinnovabili»,  e  pertanto  contrasta  con   la   definizione   degli
interventi edilizi di ristrutturazione edilizia di  cui  all'art.  3,
comma 1, lettera d) del d.P.R.  n.  380/2001  (t.u.  edilizia).  Tale
disposizione, infatti, prevede che «Nell'ambito degli  interventi  di
ristrutturazione edilizia sono ricompresi  anche  quelli  consistenti
nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria  e  sagoma
di quello preesistente, fatte salve le  sole  innovazioni  necessarie
per l'adeguamento alla normativa antisismica». 
    La Corte costituzionale, con la sentenza  n.  309  del  2011,  ha
affermato  che  «sono  principi   fondamentali   della   materia   le
disposizioni che definiscono le categorie di interventi,  perche'  e'
in conformita' a queste ultime che  e'  disciplinato  il  regime  dei
titoli abilitativi,  con  riguardo  al  procedimento  e  agli  oneri,
nonche' agli abusi e alle relative sanzioni, anche  penali.  L'intero
corpus normativo  statale  in  ambito  edilizio  e'  costruito  sulla
definizione  degli  interventi,  con  particolare  riferimento   alla
distinzione tra le ipotesi di' ristrutturazione urbanistica, di nuova
costruzione e di ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante, da  un
lato, e le ipotesi di ristrutturazione edilizia cosiddetta leggera  e
degli  altri  interventi  (restauro   e   risanamento   conservativo,
manutenzione straordinaria e manutenzione ordinaria), dall'altro.  La
definizione delle diverse categorie  di  interventi  edilizi  spetta,
dunque, allo Stato». 
    Proprio con riferimento a quanto previsto all'art.  3,  comma  1,
lettera d), del d.P.R. n. 380/2001,  la  Corte  costituzionale,  dopo
aver osservato come un intervento di demolizione e ricostruzione  che
non  rispetti  la  sagoma  dell'edificio  preesistente  configura  un
intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia, e
che le uniche eccezioni ammesse sono «le sole innovazioni  necessarie
per l'adeguamento alla normativa antisismica»,  ha  sottolineato  che
anche la successiva legislazione statale in materia  edilizia  (e  in
particolare l'art. 5, commi 9 e  ss.,  del  decreto-legge  13  maggio
2011, n. 70), nel regolare interventi di demolizione e  ricostruzione
con ampliamenti  di  volumetria  e  adeguamenti  di  sagoma,  non  ha
qualificato tali interventi come ristrutturazione  edilizia,  ne'  ha
modificato la disciplina dettata al riguardo dall'art. 3  del  d.P.R.
n. 380 del 2001. 
    Alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, dunque, la
disposizione  deve  essere  ritenuta  non   conforme   al   principio
fondamentale in materia di governo del territorio di cui all'art.  3,
d.P.R. n. 380/2001 e, quindi, in  contrasto  con  l'art.  117,  terzo
comma, della Costituzione. 
5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 31 della  legge  regionale
del Piemonte 25 marzo 2013,  n.  3,  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera s) della Costituzione. 
    L'art. 31, nella parte in cui sostituisce l'art. 15-bis, comma 2,
della legge regionale n. 56/1977 prevedendo che il  Ministero  per  i
beni e le attivita' culturali  partecipi  alla  fase  di  adeguamento
dello  strumento  urbanistico  al  PPR  solo  in  presenza  di   beni
paesaggistici di cui all'art. 134 del decreto legislativo n.  42  del
2004, contrasta con l'art. 145, comma 5, del decreto  legislativo  n.
42/2004. 
    La disciplina statale appena richiamata, infatti, non limita, nel
procedimento di conformazione e adeguamento, la partecipazione  degli
organi ministeriali alla presenza nel territorio di beni  soggetti  a
vincolo paesaggistico. Cio',  evidentemente,  in  considerazione  del
fatto che il piano paesaggistico - secondo gli accordi presi  con  il
Ministero e trasfusi nel PPR -  tutela  i  valori  paesaggistici  del
territorio  considerato  nella  sua  complessita'   e,   quindi,   la
collaborazione fra Stato e Regioni nell'attivita' pianificatoria,  in
sede di verifica del rispetto della conformita' alle prescrizioni del
PPT, deve riguardare il territorio nella sua interezza. 
    Pertanto, la disposizione regionale censurata,  contrastando  con
un principio  fondamentale  espressione  della  potesta'  legislativa
statale nella materia «tutela dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei
beni culturali»,  viola  l'art.  117,  comma  2,  lettera  s),  della
Costituzione. 
6.Illegittimita' costituzionale dell'art. 33  della  legge  regionale
del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, primo
e secondo comma, lettera s), Cost. L'art.  33,  nella  parte  in  cui
modifica il  comma  6  dell'art.  16-bis  della  legge  regionale  n.
56/1977, viola l'art. 117, comma  1  e  comma  2,  lettera  s)  della
Costituzione. 
    La disposizione censurata esclude dal processo di VAS le varianti
«che  determinano  l'uso  a  livello  locale  di  aree  di   limitate
dimensioni, ferma restando l'applicazione della disciplina in materia
di VIA», nonche'  le  varianti  che  presentano  congiuntamente  tali
condizioni: a) non riducono la tutela relativa ai beni prevista dallo
strumento urbanistico o le misure di protezione ambientale  derivanti
da disposizioni normative; b) non incidono sulla tutela esercitata ai
sensi dell'art. 24 in materia di beni culturali  ambientali;  c)  non
comportano variazioni al sistema  delle  tutele  ambientali  previste
dallo strumento urbanistico vigente. 
    Sottraendo  al   procedimento   di   VAS   e   di   verifica   di
assoggettabilita'  a  VAS  le  suddette  varianti,  la   disposizione
regionale  opera  una  arbitraria  interpretazione   del   campo   di
applicazione della disciplina statale contenuta all'art. 6 (comma  2,
lettere a) e b), comma 3, comma 3-bis e comma 4) e  all'art.  12  del
decreto legislativo n. 156/2006, disciplina dettata in attuazione dei
principi comunitari contenuti nella direttiva 2001/42/CE. 
    Le  richiamate  disposizioni  statali,   che   costituiscono   un
principio  fondamentale  espressione   della   potesta'   legislativa
esclusiva    statale    nella    materia    «tutela    dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei  beni  culturali»,  stabiliscono  il  campo  di
applicazione  della  disciplina  della  VAS  e  della   verifica   di
assoggettabilita' a VAS, disponendo l'esclusione  della  stessa  solo
per particolari tipi di piani e programmi tassativamente elencati  al
comma 4 dell'art. 6 e prevedendo al comma 12  del  medesimo  articolo
l'esclusione solo per le varianti riguardanti singoli progetti. 
    La norma censurata,  riducendo  la  tipologia  dei  piani  e  dei
programmi soggetti a verifica di assoggettabilita' a VAS,  diminuisce
il livello di tutela dell'ambiente previsto dal  legislatore  statale
e, pertanto, si pone in contrasto sia con l'art.  3  della  direttiva
2001/42/CE, violando l'art. 117, primo comma, della Costituzione, per
in osservanza del diritto europeo, sia con quanto previsto  dall'art.
6 (comma 2, lett. a) e b); collima  3;  comma  3-bis  e  comma  4)  e
dall'art. 12 del d.lgs. n. 152/2006, violando l'art.  117,  comma  2,
lettera  s)  della  Costituzione,  per   invasione   della   potesta'
legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente, cui
- secondo costante giurisprudenza costituzionale - sono da ricondurre
le disposizioni in materia di VAS contenute nel Codice  dell'ambiente
(cfr. sentt. n. 398 del 2006, n. 225 del 2009, n. 221  del  2010,  n.
33, n. 129, n. 192 e n. 227 del 2011, n. 58 del 2013). 
7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 34 della  legge  regionale
del Piemonte 25 marzo 2013,  n.  3,  per  violazione  dell'art.  117,
secondo  comma,  lettera  s)  della  Costituzione.  L'art.  34,   che
sostituisce l'art. 17 della legge regionale n. 56/1977, nel  definire
le procedure relative all'adozione di varianti del  PRG  (commi  2  e
commi da 7 a 14), stabilisce che le varianti debbano essere «conformi
agli  strumenti  di  pianificazione  territoriale   e   paesaggistica
regionali e provinciali», ma omette di  prevedere  la  partecipazione
del Ministero per i beni e le attivita' culturali al procedimento  di
variante. 
    Pertanto, la norma si pone in contrasto con l'art. 145, comma  5,
del  decreto  legislativo  n.  42/2004,  espressione  della  potesta'
legislativa esclusiva statale nella  materia  «tutela  dell'ambiente,
dell'ecosistema e  dei  beni  culturali»,  e  conseguentemente  viola
l'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 145,
comma 5, di fatti, impone che lo Stato  partecipi  alla  verifica  di
conformita' al  PPT  della  variante  al  PRG  In  mancanza  di  tale
verifica, sussiste la possibilita' che successive varianti  al  piano
regolatore  generale,  non  vagliate  dalla  soprintendenza,  possano
disallineare lo strumento urbanistico rispetto alle prescrizioni  del
piano paesaggistico. 
    Dunque, la disposizione regionale appare invasiva della  potesta'
legislativa esclusiva statale in  materia  di  tutela  dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali. 
    La suddetta disposizione regionale viola, pertanto, un  principio
statale fondamentale in materia di tutela dell'ambiente  e  dei  beni
culturali e, pertanto,  contrasta  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione; 
8. Illegittimita' costituzionale dell'art. 35 della  legge  regionale
del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione  dell'art.  117,  il
comma, lettera s) della Costituzione. L'art. 35, che inserisce l'art.
17-bis nella legge regionale n. 56/1977, presenta, al comma  6  e  al
comma 7, profili di incostituzionalita' con riferimento all'art. 117,
secondo comma, lettera s), Costituzione. 
    La norma regionale censurata, nel disciplinare  le  procedure  di
adozione delle varianti semplificate al P.R.G., non  prevede  ne'  la
partecipazione del Ministero per i beni e le attivita' culturali, ne'
la conformita' delle varianti al  PPR  (comma  2,  lettera  c),  art.
17-bis). 
    Il comma 6, nel disciplinare  le  varianti  semplificate  che  si
inseriscono  nel  procedimento  finalizzato  alla  realizzazione   di
un'opera pubblica o  di  pubblica  utilita',  richiama  la  procedura
prevista al comma 2, lettere a), b), c), d) ed e),  escludendo  anche
in questo caso la partecipazione  del  Ministero  per  i  beni  e  le
attivita' culturali al procedimento di variante. 
    Inoltre, il comma 7 attribuisce efficacia vincolante, all'interno
delle conferenze di servizi, al solo parere  espresso  dalla  Regione
relativo alla conformita' delle varianti urbanistiche  «semplificate»
agli strumenti di pianificazione di livello regionale «o riferiti  ad
atti dotati di formale efficacia  a  tutela  di  rilevanti  interessi
pubblici in materia di paesaggio, ambiente, beni culturali.». 
    Le richiamate disposizioni regionali contrastano con l'art.  145,
comma 5, del decreto legislativo n. 42/2004 che impone  alla  Regione
di prevedere forme di  partecipazione  dello  Stato  al  processo  di
verifica   dell'adeguamento   degli   strumenti   urbanistici    alla
pianificazione  paesaggistica  e,   pertanto,   viola   la   potesta'
legislativa esclusiva statale nella  materia  «tutela  dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali» prevista dall'art. 117, secondo
comma, lettera s), della Costituzione. 
9. Illegittimita' costituzionale dell'art. 61 della  legge  regionale
del Piemonte 25 marzo 2013, n. 3, per violazione dell'art. 117, terzo
comma, della Costituzione. 
    L'art. 61, che sostituisce l'art. 48  della  legge  regionale  n.
56/1977, prevede, al primo comma  del  nuovo  art.  48,  che  «1.  Il
proprietario, il titolare di diritto reale e colui che, per qualsiasi
altro  valido  titolo,  abbiano  l'uso  o  il  godimento  di  entita'
immobiliari,  devono  munirsi,  documentando   le   loro   rispettive
qualita', del titolo abilitativo edilizio  previsto  dalla  normativa
statale per  eseguire  trasformazioni  urbanistiche  o  edilizie  del
territorio comunale; il titolo  abilitativo  edilizio  e'  richiesto,
altresi', per il mutamento della destinazione d'uso  degli  immobili.
Tale titolo non e' necessario  per  i  mutamenti  della  destinazione
d'uso degli immobili relativi ad unita' non  superiori  a  700  metri
cubi che siano compatibili con le norme di attuazione del PRG e degli
strumenti esecutivi». 
    La  normativa  statale  contenuta  nel  d.P.R.  n.  380/2001  non
contempla i mutamenti  di  destinazione  d'uso  di  immobili  tra  le
fattispecie inerenti l'attivita' edilizia libera di  cui  all'art.  6
del d.P.R. n.  380/2001  (t.u.  edilizia),  fatta  eccezione  per  le
modifiche della destinazione d'uso dei locali  adibiti  ad  esercizio
d'impresa, comunque assoggettati,  ai  sensi  del  comma  2,  lettera
e-bis), a previa comunicazione dell'inizio dei lavori, fermo restando
il rispetto dei presupposti di cui al comma 1 del medesimo art. 6. 
    A  norma  dell'art.  10  del   d.P.R.   n.   380/2001,   inoltre,
costituiscono interventi di trasformazione  urbanistica  ed  edilizia
del territorio e sono  subordinati  al  permesso  di  costruire,  gli
interventi  di  ristrutturazione  edilizia  che,  limitatamente  agli
immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino  mutamenti  della
destinazione d'uso (comma 1, lettera c);  e  all'art.  22,  comma  3,
lettera a), la DIA «alternativa». 
    Lo stesso art. 10 demanda alle regioni  di  stabilire  con  legge
quali mutamenti, connessi o non connessi  a  trasformazioni  fisiche,
dell'uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso  di
costruire o a denuncia di inizio attivita' (comma 2). 
    E' pertanto evidente che,  in  base  alla  normativa  statale  di
principio, sussiste la necessita' del rilascio del titolo abilitativo
per i mutamenti di destinazione d'uso,  ad  eccezione  delle  ipotesi
(atipiche) contemplate all'art. 6 del t.u. edilizia. 
    Ne' puo' invocarsi l'applicazione del comma 6  del  summenzionato
art. 6 del TUE, che, alla  lettera  a),  conferisce  alle  regioni  a
statuto ordinario la facolta' di estendere la disciplina  di  cui  al
medesimo articolo a interventi edilizi ulteriori  rispetto  a  quelli
previsti dai commi 1 e 2, dal momento che tale disposizione non  puo'
intendersi  suscettibile  di  interpretazioni   che   consentano   ai
legislatori regionali di emanare disposizioni contrarie  ai  principi
fondamentali recati dal d.P.R. n. 380/2001 (cfr.,  in  proposito,  la
sentenza della Corte costituzionale n. 171/2012). 
    La disposizione regionale, non prevedendo la necessita' di titolo
abilitativo per i mutamenti  di  destinazione  d'uso  degli  immobili
relativi  ad  unita'  non  superiori  a  700  metri  cubi  (ancorche'
compatibili con le norme di attuazione  del  PRG  e  degli  strumenti
esecutivi), si pone quindi in contrasto con i  principi  fondamentali
in materia di "governo del territorio" contenuti negli articoli 6, 10
e 22, comma 3,  lettera  a),  del  d.P.R.  n.  380  del  2001  e,  di
conseguenza, viola l'art. 117, terzo comma, della Costituzione. 
    Alla luce delle suesposte argomentazioni, voglia pertanto codesta
Ecc.ma  Corte  dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale   degli
articoli 4, 16, 18, 21, 27, 31, 33, 34, 35 e 61 della legge Regionale
del Piemonte 25 marzo 2013,  n.  3,  per  violazione  dell'art.  117,
primo, secondo e terzo comma, lett. s) della Costituzione.